sabato 17 gennaio 2009

La teoria del giocatore musicista

I videogiochi sono arte o no? E' un tema trito e ritrito, lo so. Lo so! Ma non è principalmente questo ciò di cui andrò a parlare in questo post.

Quello che andrò a fare, in questi cinque minuti di pura pazzia (perdonatemi, dovrò pure distrarmi in qualche modo dallo studio che mi affligge in questi giorni!), è esporvi una mia particolare teoria, che potrebbe far cadere alcune certezze in merito ai continui (e spesso sbagliati) parallelismi cui il mezzo videoludico è soggetto ormai da anni: quelli con il cinema. L'ho elaborata sempre in questi famosi cinque minuti, per cui il risultato è tutto da scoprire anche per me. Insomma, vediamo insieme cosa ne esce fuori.

Dunque, partiamo dal presupposto - insindacabile, converrete con me - che la musica è arte. Se così è, ed è così, i suoni prodotti, o per meglio dire riprodotti, dallo strumento nel momento in cui il musicista legge ed elabora mentalmente quanto scritto sullo spartito, diventano musica. Qualcosa che prima era semplice astrazione, nero su bianco, si trasforma per magia in melodiche sequenza di suoni. Questa è arte. Questa è musica.

Ora, prendiamo in oggetto il videogioco. Anche qui abbiamo uno spartito (il codice eseguibile dalla macchina) e ciò che inizialmente altro non è che un mero insieme di script, si trasforma in immagini, colori, suoni, mondi esplorabili, fantasiosi personaggi. Qualcosa che prima, di fatto, non c'era (o non si era manifestata nella sua forma compiuta). Come la musica di prima. Insomma, la macchina (la console o il PC che sia) è lo "strumento musicale" e solo in parte il "musicista" della situazione, come si potrebbe pensare. Sì, perchè il ruolo del musicista, nella maggior parte dei casi, è ricoperto dal giocatore, sapientemente o meno. A seconda di come "dirigerà la musica", il videogioco potrà prendere diverse forme.
Voglio dire, provate a mettere in mano il controller a un musicista, pardon, giocatore poco esperto e vedrete che Gears of War si trasforma magicamente in una "canzone stonata": Marcus verrebbe colpito costantemente da crisi epilettiche e si muoverebbe come un incapace, e non contento finirebbe pure per andare incontro al suicidio dopo pochi minuti di gioco, stroncando bruscamente "la melodia". Un po' come se facessimo eseguire la Sinfonia n. 5 di Beethoven a un'orchestra di ragazzini le cui uniche basi musicali poggiano sulle lezioncine della maestra di musica della scuola media.

Insomma, videogioco e musica hanno in comune molto più di quanto traspare a uno sguardo superficiale, se osservati da questa prospettiva. Più di quanto non abbiano in comune videogioco e la cosiddetta "settima arte", il cinema. Ad ogni modo, se qualcuno, da oggi, avrà ancora il coraggio di venirmi a dire che il videogioco non è arte, mi incazzo. Gentilmente, ma mi incazzo. :)

S.

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